Non passa giorno in cui sui media non si parli di temi come la transizione energetica, la lotta al riscaldamento globale e il bisogno di una società più giusta e più inclusiva. Non da ultimo, sono all’ordine del giorno discussioni circa la destinazione dei famosi fondi europei per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) parte del più ampio programma europeo di ripresa economica all’insegna del “verde” e del “digitale”, il Next Generation UE.
La portata economica che questi cambiamenti rappresentano non possono non coinvolgere le istituzioni finanziarie di tutto il mondo, verso lo sforzo di sostenere programmi di riforme così ampi e sostanziali. Anche il risparmiatore o investitore individuale, però, sa di essere chiamato in causa poichè con le sue finanze e il suo risparmio può concorrere alla causa comune della ricerca di una società più giusta, pulita ed efficiente. Lo scopo di questo approfondimento è quello di capire lo stato dell’arte nel mondo finanziario a proposito di sviluppo sostenibile, andando a ripercorrere i pilastri normativi che lo hanno composto ma, soprattutto, andare a capire come può oggi un investitore che desideri essere parte attiva del cambiamento, soddisfare le sue esigenze.
ESG
Sicuramente la sigla ESG non dovrebbe più essere sconosciuta ai più. Tuttavia, è bene partire proprio da qui per affrontare il più ampio argomento. ESG è l’acronimo di Environmental, Social e Governance. Si utilizza in ambito economico/finanziario per indicare tutte quelle attività legate all’investimento responsabile che perseguono gli obiettivi tipici della gestione finanziaria tenendo in considerazione aspetti di natura ambientale, sociale e di governance. Vediamo nel dettaglio gli aspetti delle varie voci:
Environmental
Fanno riferimento all’impatto ambientale parametri come le emissioni di anidride carbonica, l’efficienza nell’utilizzo delle risorse naturali, come ad esempio l’acqua, l’attenzione al cambiamento climatico (climate change), alla crescita della popolazione, alla biodiversità e alla sicurezza alimentare.
Social
Nell’ambito sociale rientrano il rispetto dei diritti umani, le condizioni lavorative quali ad esempio l’impiego di lavoro minorile nella produzione e l’attenzione all’uguaglianza e all’inclusione nel trattamento delle persone che concorrono alle catene di fornitura
Governance
Rientrano nei fattori inerenti alla Governance la presenza di consiglieri indipendenti, politiche di diversità (di genere etnica, ecc) nella composizione dei consigli di amministrazione delle società e la remunerazione dei top manager collegata ad obiettivi di sostenibilità
Vediamo i principali fatti e che si sono susseguiti nel tempo.
Innanzitutto che cos’è lo sviluppo sostenibile? Una sua prima definizione la si può far risalire al Rapporto Bruntland del 1987 dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo (WCED)secondo cui si definisce sostenibile uno sviluppo in grado di assicurare «il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri»
L'Agenda 2030 delle Nazioni Unite (2015)
L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU
Gli Obiettivi per lo Sviluppo danno seguito ai risultati degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals) che li hanno preceduti, e rappresentano obiettivi comuni su un insieme di questioni importanti per lo sviluppo, tra cui il contrasto al cambiamento climatico.
L’Agenda consta di 17 macro obiettivi inquadrati all’interno di un programma costituito da ben 169 target, ad essi associati, da raggiungere in ambito ambientale, economico, sociale e istituzionale entro il 2030.
I 17 Obiettivi si riferiscono ad una vastità di temi importanti riguardanti lo sviluppo e che tengono in considerazione le dimensioni economiche, sociali ed ecologiche dello sviluppo sostenibile. Essi mirano a porre fine alla povertà, combattere l‘ineguaglianza, ad affrontare i cambiamenti climatici e a costruire società in grado di rispettare i diritti umani
L'Accordo sul clima di Parigi (2015)
L’accordo di Parigi è un trattato internazionale giuridicamente vincolante sul cambiamento climatico. Discorso negoziato da 196 paesi alla conferenza sul clima (cop21) il 12 dicembre 2015. Tra i principali obiettivi vi è quello di limitare il riscaldamento globale ben al di sotto di 2°C, puntando a mantenerlo entro 1,5°C poichè ciò ridurrebbe in misura significativa i rischi degli impatti dei cambiamenti climatici. Con l’accordo per la prima volta tutte le nazioni si uniscono in una causa comune per intraprendere sforzi ambiziosi al fine di combattere il cambiamento climatico. I Paesi parte dell’accordo hanno stabilito di riunirsi periodicamente per valutare i progressi collettivi verso gli obiettivi, riferire agli altri Stati membri e all’opinione pubblica cosa stanno facendo per realizzare l’azione per il clima e segnalare i progressi compiuti verso gli impegni assunti con l’accordo attraverso un sistema basato sulla trasparenza e la responsabilità.
L’accordo di Parigi inoltre riconosce l’importanza di scongiurare minimizzare e affrontare le perdite e i danni associati agli effetti negativi dei cambiamenti climatici
UE Action Plan (2018)
Sulla base della convinzione che la sostenibilità e la transizione verso un’economia a basso contenuto di carbonio più efficiente e circolare sono elementi fondamentali per garantire la competitività a lungo termine dell’economia dell’Ue, la Commissione europea ha istituito un gruppo di esperti sulla finanza sostenibile e nel gennaio 2018 il team ha rilasciato un piano di azione. Questo consta di 10 azioni e mira a riorientare i flussi di capitali verso investimenti sostenibili a fine di realizzare una crescita sostenibile e inclusiva, gestire i rischi finanziari derivati dai cambiamenti climatici, promuovere la trasparenza e la visione a lungo termine delle attività economico finanziaria.
Il settore finanziario è chiamato a svolgere un ruolo di primo piano e può costituire parte della soluzione verso un’economia più verde e più sostenibile. Due sono gli imperativi per elaborare una strategia finanziaria sostenibile per per l’UE: migliorare il contributo della finanza alla crescita sostenibile e inclusiva finanziando le esigenze a lungo termine della società e consolidare la stabilità finanziaria integrando i fattori ambientali sociali e di governance nel processo decisionale relativo agli investimenti.
Green Deal Europeo (2019)
L’ActionPlan si instaura nel nuovo quadro normativo dell’Unione Europea denominato EU Green Deal. Presentato a dicembre 2019, consta in una strategia volta a fare dell’Europa il primo continente al mondo a impatto climatico zero ed è costituito da proposte che intendono fare in modo che tutti i settori dell’economia dell’UE siano in grado di far fronte a questa sfida. Lo scopo è realizzare gli obiettivi climatici dell’UE entro il 2030 in modo equo, competitivo ed efficiente in termini di costi. Per raggiungere questo traguardo si sono impegnati a ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
Il Green Deal europeo prevede un piano d’azione volto a promuovere l’uso efficiente delle risorse passando a un’economia pulita e circolare, ripristinare la biodiversità e ridurre l’inquinamento.
Per raggiungere l’obiettivo il Progetto Verde dell’Unione Europea sottolinea l’importanza di: investire in tecnologie rispettose dell’ambiente, sostenere l’industria nell’innovazione, introdurre forme di trasporto privato e pubblico più pulite, più economiche e più sane, decarbonizzare il settore energetico, garantire una maggiore efficienza energetica degli edifici, collaborare con i partner internazionali per migliorare gli standard ambientali mondiali.
L’UE fornirà sostegno finanziario e assistenza tecnica per aiutare i soggetti più colpiti dal passaggio all’economia verde (meccanismo per una transizione giusta) e mobiliterà almeno 100 miliardi di euro per il periodo 2021-2027 nelle regioni più colpite.
Nei mercati finanziari: la direttiva SFDR
Da quanto è emerso nell’Action Plan e nel Green Deal Europeo, la finanza dovrà giocare un ruolo straordinario nell’orientare i capitali verso la transizione ecologica. Successivamente a questi ultimi due accordi, l’Unione Europea ha introdotto dei Regolamenti finalizzati alla definizione della sostenibilità nell’ambito degli investimenti.
Gli atti in questione sono il Regolamento UE n.2019/2088 noto come Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR), il Regolamento UE n.2019/2089 (Modifiche a Benchmark Regulation) e il Regolamento UE n.2020/852 (Taxonomy Regulation o Regolamento Tassonomia).
Ci soffermiamo proprio sul primo dei tre regolamenti citati per capirne la sua portata. Il Regolamento riguarda l’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari ed è progettato per consentire agli investitori di distinguere e confrontare più facilmente le strategie che sono ora disponibili. Il SFDR aiuta gli investitori fornendo maggiore trasparenza sul grado in cui i prodotti finanziari hanno caratteristiche ambientali o sociali, se investono in investimenti sostenibili o se hanno degli obiettivi di sostenibilità. L’aumento della trasparenza e l’introduzione di standard consentono di contrastare il fenomeno del greenwashing in quanto non sarà più consentito di applicare a un prodotto un’etichetta ESG o sostenibile se non si è trasparenti sul processo che consente di raggiungere la sostenibilità dichiarata. Altro punto importante sarà quello di offrire agli investitori una maggiore possibilità di confrontare le opzioni di investimento in termini di grado di considerazione dei fattori ESG per decisioni informate più in linea con i propri obiettivi di investimento.
Il Regolamento SFDR classifica i prodotti in tre categorie distinte, in base al livello di importanza della sostenibilità e per ciascuna categoria sono previsti criteri di investimento vincolanti. Queste categorie si allineano agli Articoli 6, 8 e 9 del Regolamento SFDR.
La categoria “Articolo 6” comprende prodotti che integrano le considerazioni ambientali, sociali e di governance (ESG) nel processo di investimento, oppure contengono le motivazioni per cui il rischio di sostenibilità non è rilevante, ma non soddisfano i criteri aggiuntivi delle strategie degli Articoli 8 o 9.
La categoria “Articolo 8” comprende prodotti che promuovono le caratteristiche sociali e/o ambientali e possono includere investimenti sostenibili, ma non hanno come obiettivo principale gli investimenti sostenibili ed è definibile quindi come una categoria generale che include tutti i prodotti che sono presentati come prodotti che hanno caratteristiche di sostenibilità ma non hanno come strategia principale quella di investire “in investimenti sostenibili.
La categoria “Articolo 9” comprende prodotti che hanno un obiettivo di investimento sostenibile. Il regime normativo applicabile è quindi molto più stringente e complesso sia per i criteri di identificazione dei prodotti sottostanti come “sostenibili” sia per il processo di due diligence sia per il regime informativo.
Il ruolo della MIFID
Importanti novità sono state anche introdotte nel Regolamento Mifid. Questo è entrato in vigore nel 2018 con lo scopo di armonizzare le regole che disciplinano i servizi finanziari promuovendo la trasparenza e la protezione degli investitori attraverso una corretta profilatura del cliente, una puntuale informazione per le decisioni di investimento e occupandosi anche dei conflitti di interesse dei soggetti coinvolti nell’industria finanziaria. Tale regolamento è stato integrato nel corso del 2021 con il Regolamento delegato UE 2021/1253 che è entrato in vigore il 1 Agosto 2022. Da questa data gli intermediari finanziari saranno tenuti a chiedere ai propri clienti informazioni sulle loro preferenze ambientali, sociali e di governance e tenerne conto nella valutazione della gamma di strumenti finanziari e da raccomandare, sia in sede di strutturazione e selezione della propria gamma d’offerta, che in fase di selezione del prodotto e di valutazione dell’adeguatezza
Conclusioni
Integrare la sostenibilità e la preferenza degli investitori ESG amplifica enormemente il ruolo che la finanza gioca, e dovrà giocare, al servizio dell’economia reale nel difficile e arduo passaggio ad una società più sostenibile, equa ed efficiente. Ciò ovviamente deve passare attraverso maggiori obblighi informativi che possano mitigare il rischio del Greenwashing ma anche limitare tutte le patiche che limitano la promozione dei fattori di sostenibilità nel processo di investimento. I Legislatori dei diversi paesi coinvolti sono continuamente allo studio per offrire un sempre maggior grado di trasparenza e informazione per gli investitori, ma anche per offrire un maggior grado di standardizzazione e confrontabilità, cosa che ancora oggi risulta molto granulare e non sempre omogenea.
Ma, come detto, anche il singolo investitore può e deve giocare la sua parte. Visto che gli intermediari finanziari oggi devono richiedere informazioni sulle proprie preferenze circa i fattori di sostenibilità da integrare nel processo di definizione degli investimenti e selezione dei prodotti, ma si tratterà comunque un processo lungo, è bene che l’investitore che si accorga di avere una maggiore sensibilità nei confronti del tema della sostenibilità prenda contatto con il suo referente di fiducia per esprimere le proprie preferenze e cominciare ad orientare il proprio patrimonio verso prodotti più “verdi” e più congeniali alla sua idea di investimento o comunque per capire se e in che modo le sue preferenze per investimenti sostenibili siano state trattate sinora.
In sede di selezione dei prodotti, sarà infine bene prestare attenzione al grado di inclusione dei fattori ESG che i singoli prodotti hanno previsto, secondo gli Articoli 6,8 0 9 del Regolamento SFDR.