Lo scenario che ci troviamo ad affrontare in questa fine di anno 2022 è tra i più sfidanti possibili per via delle numerose incertezze che popolano i nostri pensieri: la guerra in Ucraina, la recessione, l’inflazione. Ai soliti noti possiamo tranquillamente affiancare la crisi demografica e la crisi ambientale. Pertanto è più che normale che una persona che si confronti con il mondo finanziario abbia più di qualche timore nella gestione del proprio patrimonio e, nella migliore delle ipotesi, rimandi progetti di investimento a quando i tempi saranno più favorevoli.
Ma è proprio quando pensiamo di non avere alternative alla paura e allo scoramento, dobbiamo ricordarci che la storia si ripete. Se vediamo gli ultimi 50 anni di storia possiamo agevolmente contare 20 guerre di medio-grande importanza, 8 crisi finanziarie, oltre 30 episodi principali di attentati terroristici, 3 crisi energetiche, 13 colpi di stato o rivoluzioni, 9 episodi di uccisioni di massa, diversi disastri naturali, 4 incidenti nucleari di ampia importanza e 1 pandemia. Eppure nonostante tutto ciò, il prodotto interno lordo mondiale è cresciuto da 3 trilioni di Dollari a 96 trilioni, mentre il pil pro capite nello stesso periodo è cresciuto di circa 12 volte.
I cicli economici
Il sistema economico quindi ha visto un continuo espandersi nel corso degli anni, pur alternando fasi di crescita a fasi di contrazione. Queste fasi sono indicate come cicli economici, vale a dire fluttuazioni dell’attività economica che si sviluppano attorno ad un trend.
Un ciclo economico è formato da espansioni che avvengono quasi contemporaneamente in molte attività economiche, seguite da recessioni e contrazioni ugualmente generali e da riprese che confluiscono poi nella fase di espansione del ciclo successivo.
Ovviamente queste fluttuazioni sono ricorrenti ma non periodiche, pertanto si manifestano con ampiezza e durata variabili. Le durate dei cicli economici infatti possono variare da 1 anno fino a 10 anni o oltre. Diversi cicli di durata differente impattano in maniera significativamente diversa sula situazione economica complessiva pertanto ogni congiuntura presenta delle condizioni differenti dalle altre e pertanto la semplice ripetizioni di misure correttive di politiche fiscali e/o economiche applicate in passato non garantiscono di per sè la soluzione ottimale.
Nel ciclo economico sono state evidenziate quattro fasi principali, evidenziata in Figura 1
Espansione:individuata come un momento di forte crescita del PIL, degli utili societari e di nuovi investimenti, accompagnata allo stesso tempo da una saturazione del mercato del lavoro (bassa disoccupazione), della capacità produttiva delle imprese e di un accresciuta domanda di credito che generano una spinta inflazionistica. In questa fase può manifestarsi una politica economica progressivamente restrittiva (aumento dei tassi di interesse) per frenare il surriscaldamento dell’economia e l’aumento dei prezzi.
Rallentamento: è il momento in cui si assiste ad un calo di fiducia dei consumatori e delle imprese per le aspettative di business. Si riducono le scorte e la produzione ma al contempo i salari, l’occupazione e l’inflazione rimangono alti. In politica economica siamo all’apice del rialzo dei tassi di interesse.
Recessione: individuata tecnicamente con almeno due trimestri consecutivi di PIL decrescente, è l’apice della crisi economica. In questo momento si assiste alla stagnazione della produzione e della domanda di beni e di investimenti. Conseguentemente al raffreddamento dell’economia, cala inflazione e diminuiscono i salari per la crescente disoccupazione. In questa fase si assiste ad un’inversione di segno della politica economica che tende ad essere espansiva (riduzione dei tassi di interesse) per favorire nuovi investimenti e la ripresa del ciclo.
Ripresa: i bassi tassi di interesse favoriscono gli investimenti e si innesca un circuito virtuoso che coinvolge l’espansione dell’attività produttiva e delle vendite, la maggiore occupazione la crescita della domanda per consumi. In questa fase l’inflazione rimane in genere contenuta. La politica economica comincia a considerare la rimozione degli stimoli monetari.
Investire lungo le fasi del ciclo
Una volta individuate le macro caratteristiche delle fasi del ciclo, il problema è capire come investire durante le fasi di un ciclo economico e quali sono le asset class da privilegiare nelle diverse fasi. Fermo restando, come già detto, che ogni ciclo deve essere considerato ed affrontato in maniera specifica e che un investimento finanziario debba prevedere a monte una corretta identificazione degli obiettivi di investimento e dell’orizzonte temporale, si può individuare generalmente il comportamento delle varie asset class durante tutto il ciclo economico, come si può vedere illustrato in Figura 2.
In una fase del ciclo espansiva, con produzione industriale ai massimi livelli, utili societari solidi e inflazione in aumento, è lecito aspettarsi che il comparto azionario manifesti un apprezzamento, così come le materie prime necessarie a soddisfare la crescente produzione. La preferenza per le azioni rispetto alle obbligazioni è dovuta al fatto che una crescente inflazione, cui si assiste alla fine del periodo, possono deprimere i prezzi di queste ultime. D’altro canto, anche le azioni iniziano a manifestare segni di criticità in quanto i prezzi delle singole aziende possono cominciare ad essere ipervalutati rispetto al valore prospettico dell’azienda stessa.
Nella fase del ciclo di rallentamento, si assiste ad una neutralità su quasi tutte le asset class, con una leggera preferenza al limite per le materie prime per il soddisfacimento dei livelli di produzione che iniziano sì a diminuire ma dai massimi della fase di espansione. Le obbligazioni sono ora penalizzate da tassi di interesse ancora elevati, mentre per le azioni si manifestano preoccupazioni circa la tenuta futura degli utili e si possono manifestare delle prese di guadagno da parte dei possessori di stock.
Nella fase di recessione, si assiste ad un crollo dei prezzi delle materie prime, per la diminuita produzione industriale e domanda aggregata. I prezzi delle azioni cadono a seguito della diminuzione di utili e livelli di business delle imprese, mentre le obbligazioni beneficiano da un lato della diminuzione dei tassi di interesse operati dalle Banche Centrali per sostenere l’economia e dall’altro beneficiano della loro posizione relativa rispetto al comparto azionario. Vale a dire che le aziende, specialmente se di elevato merito creditizio, riusciranno a ripagare propri debiti consegnando comunque un rendimento ai sottoscrittori periodicamente e a scadenza, seppur alle prese con una fase di mercato negativa.
Nella fase di ripresa, si assiste ad una preferenza verso il comparto azionario, per poter sfruttare appieno il trend rialzista economico e beneficiare della crescita futura degli utili. Le obbligazioni continuano ad essere una buona asset class di investimento, specialmente nelle prime fasi e per investitori prudenti, seppur in maniera meno evidente per il posizionamento relativo rispetto alle azioni. Le materi prime in questa fase ancora non risentono della ripresa della produzione e pertanto non sono una asset class appetibile.
Allora è tutto facile?
Ricordiamoci che in finanza “Non esiste un pasto gratis“. Va da sè, quindi, che pur avendo le “chiavi” per poter investire lungo tutto il ciclo economico, il successo non è scontato. Capire in quale fase del ciclo siamo, quale sia la sua ampiezza e la sua durata non è assolutamente impresa facile e può essere foriera di errori di anticipazione della fase o di ritardo nell’agire rispetto alla fase di mercato i cui ci si trova. Stravolgere il proprio portafoglio di investimento per andare a scommettere nelle fasi del ciclo non è la soluzione migliore, a meno di non essere disposti a sottostare ad un rischio più elevato e poter accettare perdite per conseguire un profitto maggiore. Più prudente e sensato dovrebbe essere la soluzione di dedicare la parte più importante del proprio portafoglio alla pianificazione di lungo periodo, condivisa con il proprio consulente (c.d. portafoglio core) e riservare un’altra parte del portafoglio, più o meno grande a seconda delle preferenze dell’investitore, per seguire le varie fasi del ciclo economico (c.d. portafoglio tattico o satellite).